Abbiamo avuto il piacere di ricevere dal V.C.R in congedo Ferdinando Bonilli alcune testimonianze della sua lunga vita da pompiere trascorsa quasi del tutto presso il Distaccamento di Spoleto, prima per diversi anni come Vigile Volontario e poi dal 1954 al 1985 come Vigile permanente, Capo Squadra e, infine, Vice Capo Reparto.
Sono piccoli e semplici flash di quella che è la vita quotidiana di un pompiere trascorsa tra interventi piccoli, ma spesso di alto valore umanitario, ed altri di notevole difficoltà in occasione di eventi di grande tragicità.
Abbiamo voluto riportare queste testimonianze nella loro semplicità – così come ci sono state raccontate in prima persona dal V.C.R. Bonilli – per dimostrare che il mestiere di pompiere si può esercitare con efficacia ed ottimi risultati facendo ricorso a tanta buona volontà, a tanto sacrificio e ad un’ottima capacità professionale anche senza aver a disposizione i notevoli e sofisticati mezzi tecnici che l’attuale tecnologia mette a disposizione dei pompieri dei giorni d’oggi.
Fatte queste premesse, leggiamo cosa ci racconta Bonilli
1) – Un insolito intervento dei pompieri di Spoleto durante la 2° guerra mondiale. (1945)
Quando accadde l’episodio annunciato nel titolo non ero ancora pompiere ma esso mi è stato raccontato dai colleghi più anziani che all’epoca lo avevano vissuto.
Il fatto avvenne nella città di Spoleto, durante la ritirata dell’esercito tedesco nella seconda guerra mondiale. Come ben si sa, i tedeschi, in ripiegamento verso il nord dell’Italia, ricorrevano frequentemente a rastrellamenti a tappeto allo scopo di evitare l’infoltimento delle forze partigiane.
Era l’estate del 1945 e la nostra Caserma era situata in Piazza Sordini; nei pressi abitava con la sua famiglia un certo Sig. Ermanno (non ne riporto il cognome per questioni di “privacy”). A dir la verità, nell’abitazione vivevano in quel periodo solo il Sig. Ermanno e suo figlio Francesco in quanto gli altri componenti della famiglia erano sfollati a Bazzano Inferiore. Vista la situazione, entrambi avevano bisogno di raggiungere il resto della famiglia per sfuggire al rastrellamento da parte dei tedeschi e non trovarono di meglio che chiedere aiuto ai Vigili del Fuoco.
Questi non lasciarono cadere nel vuoto l’accorata richiesta d’aiuto e quindi si mobilitarono prontamente. Fecero indossare le divise da lavoro a padre e figlio, li caricarono sull’autobotte e con essa raggiunsero il paese di Bazzano Inferiore senza, fortunatamente, incorrere nei controlli da parte dei militari dell’esercito tedesco.
La famiglia, finalmente riunita, ringraziò con tutto il cuore per l’aiuto fornito ed insistette per ricambiare donando ai pompieri alcuni polli, formaggio e vino. Erano prodotti assai rari a quel tempo ed i vigili cedettero alle insistenze e li accettarono volentieri pregustando un gustoso pranzetto (inusuale in quei tempi di vacche magre) da consumare in caserma brindando alla salute del Sig. Ermanno.
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2) – Un intervento per salvataggio persona caduta in un pozzo (1950 – SPOLETO)
Nel periodo in cui ero Vigile Volontario, un giorno, mentre mi trovavo in un appartamento svolgendo un lavoro da muratore, ebbi la chiamata per un intervento di soccorso da parte del Vigile del Fuoco, Nello Galli.
Lasciai immediatamente il lavoro e andai con il Vigile Galli presso Villa Redenta, dove un giovane era caduto in un pozzo. Il giovane non aveva notato la copertura del pozzo, fittizia, fatta di rami leggeri, che al passaggio della persona non aveva tenuto.
Con la scala a corda mi calai nel pozzo, che conteneva poca acqua, raggiungendo il malcapitato che fortunatamente non presentava traumi gravi. Lo imbracai con una corda e poi, tramite una carrucola, lo riportammo in superficie con l’aiuto di alcuni operai che stavano lavorando nella zona. Gli stessi operai, poi, accompagnarono l’infortunato, all’Ospedale di Spoleto.
3) – Gli amici si notano nei momenti di bisogno… (1954 ROMA)
Da Vigile permanente ero di servizio presso un Distaccamento del Comando di Roma quando fummo chiamati per il recupero di un uomo caduto in un pozzo. Il brigadiere si rivolse direttamente a me chiamandomi per nome e ordinandomi di togliere gli stivali e scendere nel pozzo.
Io ebbi un brevissimo attimo di esitazione come se fossi stato impaurito dall’incarico ricevuto. In effetti la mia esitazione era dovuta non tanto al fatto di dovermi togliere gli stivali (cosa naturale per evitare che si riempissero d’acqua pregiudicando il galleggiamento) quanto al fatto…. di non saper nuotare e, quindi, di non essere mai stato formato per tale specifico intervento.
Per fortuna mi venne in aiuto un amico di mio fratello Pietro, anch’egli in servizio presso il Comando di Roma, il quale, visto il mio attimo di esitazione, comprese al volo la situazione e chiese al brigadiere di far svolgere a lui tale compito. Il brigadiere acconsentì ed egli si calò nel pozzo compiendo il recupero della persona annegata e, nello stesso tempo, …. cavandomi dagli impicci.
4) – I buoni rapporti con la popolazione durante le operazioni di soccorso dopo un terremoto (1962 – IRPINIA)
Nel 1962 con il grado di Vice Caposquadra ebbi modo di operare al comando di una squadra del Comando di Perugia nelle zone dell’Irpinia sconvolte da un grave terremoto.
La squadra da me condotta era composta da ottimi vigili alcuni dei quali assai capaci nel mestiere di muratore e ciò ci dette modo di guadagnare molte simpatie da parte della popolazione grazie alla capacità di svolgere nel migliore dei modi i servizi che ci venivano ordinati.
E così accadeva spesso che, al termine di un servizio, ci venisse offerto in segno di ringraziamento qualcosa da mangiare o bere.
Addirittura ricordo che una volta, entrato in una farmacia per acquistare delle medicine per mio uso personale, il farmacista volle offrirmele gratuitamente malgrado le mie insistenze per pagare. Anzi volle anche rivolgermi dei calorosi ringraziamenti per il lavoro che stavamo svolgendo.
Ovviamente lo stare per tanto tempo a contatto con una popolazione che dimostrava tali sentimenti di affetto nei nostri confronti faceva sì che anche noi provassimo grande simpatia e fratellanza verso queste persone che, pur colpite da un’immane disgrazia, continuavano ad esprimere una grande umanità.
Per fare un esempio, ricordo che una volta, durante un servizio che stavamo effettuando nei pressi di un bar, vedendo alcuni bambini che giocavano nei pressi, fui preso da un sentimento di generosità e mi venne spontaneo offrire loro qualcosa.
Il fatto non passò inosservato e la conseguenza fu che a quei bambini se ne aggiunsero diversi altri accorsi da più parti ed io fui ben felice di accontentare tutti.
5) – Una bella manifestazione pompieristica (19 maggio 1975 – NORCIA)
Il Comandante provinciale dei Vigili del Fuoco di Perugia, Ing. Marcello Pandolfi, mi dette l’incarico di istruire ed addestrare il personale volontario di Norcia a svolgere i vari compiti operativi dei Vigili del Fuoco.
A tal fine, per circa due mesi, In giorni prestabiliti mi recai a Norcia trovando il modo di insegnare a detto personale come si aspirava l’acqua con la motopompa o con l’autopompa o come montare una scala italiana da 10 metri o come svolgere tutti gli altri servizi che in genere vengono richiesti ai Vigili del Fuoco.
A conclusione di questo periodo d’istruzione il Comandante volle che si organizzasse una manifestazione di tipo pompieristico a cui la cittadinanza di Norcia intervenne numerosa.
La manifestazione si svolse il 19 maggio 1975 in piazza S Benedetto dove furono montate 4 scale italiane sia sulla facciata del palazzo “La Castellina” che sul tetto dello stesso. Inoltre, a conclusione, vi furono anche dei salti sul telo eseguiti sia da personale permanente che volontario.
A conclusione della manifestazione, come ringraziamento per il lavoro svolto, mi venne consegnata una bella medaglia ricordo che ancora adesso gelosamente conservo.
6) – Un impegnativo intervento dovuto alle temperature polari (29 gennaio 1981 – MONTEFALCO)
Il 29 gennaio 1981 (uno dei famosi “giorni della merla”) il personale del Distaccamento di Spoleto fu chiamato nel Comune di Montefalco per un insolito intervento.
Si trattava di dover effettuare la rimozione delle formazioni di ghiaccio che si erano create sulla torre dell’acquedotto cittadino, alta circa 20 metri., a causa delle eccezionali temperature gelide che avevano interessato la nostra regione. C’era il pericolo, infatti, che tali formazioni di ghiaccio, staccandosi per eventuali aumenti di temperatura, precipitassero sulle persone costrette a passare al di sotto di esse per raggiungere le case circostanti.
Con i dovuti ancoraggi alcuni di noi si calarono con un una scala a corda nelle immediate vicinanze delle formazioni di ghiaccio, rimuovendole una alla volta.
L’intervento fu molto apprezzato da tutta la cittadinanza di Montefalco, sia per la sua spettacolarità sia per il fatto che esso era stato svolto in condizioni climatiche estremamente avverse con temperature notevolmente sotto lo zero.
7) – Lavorare a 80 metri di altezza sulla Basilica di S. Maria degli Angeli (1984 – Assisi)
A seguito del violento terremoto che nella primavera del 1984 colpì l’Umbria (ed in particolare le zone di Gubbio e Città di Castello, la squadra di Spoleto, come tutte quelle di Perugia e degli altri Distaccamenti provinciali, partecipò attivamente a moltissime operazioni di soccorso.
Tra i tanti interventi effettuati mi piace ricordarne uno che si distinse dagli altri sia per l’impegno richiesto sia per la sua originalità e spettacolarità.
Il tutto cominciò con una semplice richiesta da parte della Centrale di Perugia di intervenire con la squadra di Spoleto in Assisi per un sopralluogo alla Basilica di Santa Maria degli Angeli. Sul posto trovammo ad attenderci il Comandante provinciale, Ing. Gianfranco Eugeni, che avrebbe coordinato il sopralluogo per la verifica della parte terminale della cupola della Basilica – la cosiddetta “lanterna” – che si riteneva essere stata lesionata dal sisma.
Con il Comandante Eugeni, attraverso una scala interna, salimmo alla base della cupola e poi salimmo lungo la parete esterna della cupola servendoci di pioli che erano infissi in una delle scanalature della cupola stessa. Alla fine di questa scalata raggiungemmo lo stretto ballatoio che correva alla base della lanterna ad un’altezza di circa 80 metri dal suolo.
Purtroppo non potevamo perdere troppo tempo per ammirare lo splendido panorama della pianura umbra che si godeva di lassù e ci mettemmo subito al lavoro constatando che la lanterna era lesionata alla base e che diversi mattoni erano caduti sul ballatoio ed alcuni si erano addirittura frantumati.
Occorreva, pertanto, rimuovere tutte le parti immediatamente pericolanti e portarle al suolo. Lo smaltimento dei materiali rimossi si rivelò estremamente difficoltoso. Infatti, poiché era impossibile pensare di far seguire ai materiali la stessa impervia strada da noi percorsa per salire, l’unica possibilità era quella di calarli con un sistema di corda e carrucola all’interno della Basilica. Il problema stava nel fatto che nella Basilica, esattamente sulla verticale del centro della cupola là dove avremmo dovuto calare i materiali di smaltimento, si trovava l’antica e preziosa Chiesetta della Porziuncola.
Ma, da bravi pompieri, il problema fu risolto rapidamente. Dopo aver messo i materiali in un secchio questo veniva calato con una lunghissima corda che era guidata da due vigili posizionati a fianco della Porziuncola in modo da deviarne il percorso e far arrivare il secchio fino a terra schivando il tetto della chiesetta ed evitandone così il danneggiamento.
Le discese del secchio furono molte, considerata la massa del materiale da smaltire, ma alla fine l’operazione si concluse felicemente con immenso sollievo da parte di tutti noi e di tutti coloro che avevano seguito con trepidazione le varie fasi dell’intervento.
FERNANDO BONILLI ex V.C.Reparto Capo Distaccamento VVF Spoleto