Settimio Simonetti

Curriculum – Settimio Simonetti

“Doveva andare così”

 

Settimio Simonetti                                                      

Dirigente superiore

– Dirigente Area Rischi industriali del Ministero dell’interno

– Dirigente dell’Ufficio per l’attività di vigilanza sulla sicurezza nel Corpo nazionale

– Vice Comandante e Reggente al Comando di Perugia

– Comandante a Macerata, Arezzo, Brescia, Verona.

Commendatore dell’Ordine “Al merito della Repubblica Italiana” con Decreto del Capo dello Stato del 27-12-2006.

Laureato in Ingegneria Civile Sezione Trasporti presso l’Università degli Studi di Roma e abilitato all’esercizio della professione di ingegnere nell’anno 1979.

Iscritto nell’elenco degli “Ingegneri abilitati all’esecuzione di collaudi per tutte le opere in c.a. normale ed acciaio” ai sensi della Legge 1086/71 su delibera del Consiglio di Amministrazione dell’Ordine degli ingegneri della Provincia di Perugia.

Iscritto nell’”Albo regionale dei collaudatori tecnico-amministrativi di Opere pubbliche” su delibera della Giunta Regionale del 3-3-1992.

Docente, quale Professore a.c., di “Rischio Ambientale” presso l’Università degli Studi di Perugia dal 2001 al 2010.

Membro effettivo della “Commissione di Esame di Stato per l’Abilitazione dell’esercizio della professione di ingegnere” per l’anno 1996 su nomina del Ministero dell’Università e della Ricerca scientifica e Tecnologica.

Ha collaborato al progetto di fattibilità e di ristrutturazione della Ferrovia Centrale Umbra ed alla stesura del Piano Urbanistico Territoriale della Regione Umbria.

È stato componente della “Commissione di Collaudo Tecnico-Amministrativo” della sede del biennio della Facoltà di Ingegneria.

Nato a Gualdo Cattaneo il 22 novembre 1951. Coniugato con due figli. Entrato in servizio nel Corpo nazionale il 4 dicembre 1980 e collocato a riposo il primo dicembre 2016. Ha partecipato in qualità di relatore a numerosi convegni e seminari di Prevenzione Incendi, Soccorso Pubblico, Protezione Civile e Rischi Rilevanti.

Ha partecipato in qualità di discente a numerosi corsi formativi tra cui: il “Corso formatori di Radioattività e Radiometria” presso le Scuole Centrali Antincendi, il “Corso informativo Difesa NBC” (Nucleare, Batteriologico, Chimico) presso la Scuola Unica Interforze della Cecchignola di Roma, il corso di formazione “Analisti di Rischio – Il Rapporto di Sicurezza per le Attività Industriali a Rischio di Incidente Rilevante”, presso l’(ENI), il “Corso di formazione su Costi e Rendimenti nelle Pubbliche Amministrazioni” presso la Prefettura di Perugia.

Prima dell’ingresso in ruolo è stato consulente della Società di Ingegneria di Roma SOTECNI (Società Tecnica Internazionale) e della Società di Ingegneria di Perugia RPA (Ricerche e Progetti – Progettisti Associati).

Dopo il corso di formazione presso le Scuole Centrali Antincendi di Capannelle è stato assegnato al Comando di Padova, dove ha prestato servizio in qualità di funzionario, dal primo luglio 1981 al 31 maggio 1983. Dal primo giugno 1983 è stato trasferito al Comando di Perugia dove ha svolto la funzione di Vice Comandante fino al 19.9.2002 e dal 20.9.2002 al 2.3.2003 le funzioni di Reggente.

È stato impegnato nelle calamità nazionali del Terremoto Umbria Marche nell’anno 1997 in qualità di coordinatore generale del soccorso in provincia di Perugia; nel terremoto dell’L’Aquila in qualità di coordinatore del Campo base Toscana; nel terremoto di Massa Martana quale coordinatore provinciale e come componente della “Commissione rivalutazione edifici già dichiarati inagibili”. Ha partecipato a numerosi interventi particolarmente difficili e significativi quali: l’intervento per fuoriuscita Gpl da serbatoio distributore in Perugia località le Querce, l’intervento per ribaltamento autocisterna trasportante ossigeno liquido lungo la Superstrada E45.

Docente all’interno del Corpo nazionale nei corsi di formazione, aggiornamento e qualificazione in materia di Prevenzione Incendi, Radioattività e Radiometria, Sostanze Pericolose, Polizia Giudiziaria, Strategia e Tattica degli Interventi di Soccorso.

Ha collaborato alla rivista “Antincendio” con numerosi articoli tra cui: “La polizia amministrativa”; “Le radiazioni non ionizzanti”; “I pericoli connessi al trasporto dell’ossigeno liquido”; “Intossicazione da ossido di carbonio”; “Telecamera a guida meccanica”.

Ha collaborato alla rivista “Obiettivo Sicurezza” (Rivista ufficiale dei Vigili del Fuoco) con l’articolo: “Incontro con i vigili del fuoco albanesi”, “Macerata Provincia d’Armonia”.

Ha pubblicato per la Dario Flaccovio Editore il testo “Rischio Ambientale” nel febbraio 2002.

Con Prospettiva editrice, marzo 2009 “Anche nella notte più buia brillano le stelle”.

Con Sarapar Editore, “Brillanti di Saggezza”.

Durante il periodo lavorativo ha ricevuto numerosi riconoscimenti ufficiali tra cui il ringraziamento della Regione Marche per la partecipazione al “Grande evento” in occasione della giornata della gioventù, Loreto 5 settembre 2004.

Ha ricevuto la “Stilografica Matisse” da parte del Sindaco di Brescia, riconoscimento che “viene donato solo a figure di particolare importanza, a personaggi significativi per Brescia che sono amici di questa Città e che per essa lavorano”.

 Autorizzato dal Ministero dell’interno ad organizzare il Concorso Nazionale di Poesia con tema i Vigili del fuoco, in collaborazione con il Centro Mondiale della Poesia di Recanati.

Autorizzato dal Ministero dell’interno a recarsi in missione a Tirana per avviare scambi culturali e professionali con i rappresentanti dei Vigili del fuoco di Albania.

Ora è impegnato nella lettura di autori classici e moderni, e dopo lo studio di manuali di “scrittura creativa”, si dedica alla scrittura.

A proposito del suo ingresso nel Corpo nazionale racconta: “Doveva andare così”.

 

“DOVEVA ANDARE COSI’ !”

Era quasi l’ora di pranzo di un caldo giorno di luglio quando i rintocchi del battiporta salirono le scale della mia vecchia ed essenziale casa nella campagna di Gualdo Cattaneo, per arrivare fino alla cucina. Non aspettavo visite quel giorno e tantomeno in quel momento.

“Chi è?”, dissi a voce alta per farmi sentire da fuori dalla porta.

“Sono un tuo compagno di viaggio con il postale”. Rispose una voce flebile, quasi impercettibile.

“Vengo ad aprire.”

Spalancato il portone mi trovo davanti un ragazzo mingherlino, di qualche anno più grande di me, un viso ben noto, come tutti quelli visti durante il periodo degli studi. Non conoscevo il suo nome, né avevo mai parlato con lui, ma ricordavo bene il suo volto, scarno e timido quando saliva sull’autobus dalla portiera anteriore e con lo sguardo schivo percorreva tutto il corridoio fino a raggiungere i posti dietro. Viaggiava con l’autobus di linea San Terenziano – Foligno quando anch’io frequentavo il Liceo scientifico “Guglielmo Marconi” e, come si sol dire, facevo avanti e indietro, Gualdo – Foligno per andare a scuola.

“Scusa il disturbo”, disse subito senza nemmeno salutare o accennare ai tempi passati. “Ho saputo che sei diventato ingegnere e siccome un mio amico vuole fare un capannone e ha bisogno del progetto da presentare alla Provincia, mi ha detto di chiederti se lo fai”.

Avevo appena terminato l’Università, ma non avevo ancora avuto modo di sostenere l’esame di Stato per l’Abilitazione all’esercizio della professione di ingegnere e non potevo firmare progetti.

“Lui è bravo a lavorare il ferro e sa quali profilati adoperare, ma ha bisogno di qualcuno che gli firma”, seguitò a dire senza accorgersi che stavo per rispondergli.

“Non sono ancora iscritto all’Ordine degli ingegneri e non posso firmare progetti, mi dispiace. Posso soltanto provare a sentire un mio amico che si è iscritto pochi giorni fa e se lui è disponibile a collaborare e firmare, lo possiamo fare insieme.”

“Magari! Spero che gli fate spendere poco, perché, sai, l’acciaio costa molto e non vorrebbe spendere tanto per l’ingegnere. Altri gli hanno chiesto un sacco di soldi.”

“Dopodomani devo andare a Foligno e sento questo amico, così quando ripassi ti saprò dire”. Risposi, non avendo idea di chissà quali cifre potevano avergli chiesto e non sapendo minimamente quanto si potesse chiede per un progetto simile.

“La prossima settimana vengo qui con lui che ti dirà che tipo di capannone vuole fare. Vi metterete d’accordo anche sul prezzo.” Continuò a dire, mentre gli si rilassarono i muscoli del viso, fino ad allora tesi, manifestando un evidente soddisfazione per la riuscita della sua missione.

“Scusa, ci siamo visti tante volte, ma non conosco il tuo nome, come ti chiami”? Mi venne naturale di chiedere.

“Io sono Alessio, Alessio Ramazzotti, abito a Pomonte, una frazione di Gualdo, verso Deruta. Ho lasciato via la scuola, ora faccio il saldatore”.

Due giorni dopo andai a cercare quel collega, che sapevo lavorare presso lo studio del padre, geometra ben affermato, il quale accolse con entusiasmo quell’occasione di guadagno che quantificò in cinquecento mila lire. In merito alle nostre capacità di affrontare quella progettazione, mi assicurò che sapeva bene come fare i calcoli di strutture in acciaio perché aveva fatto tirocinio presso il più famoso ingegnere della provincia di Perugia, presidente dell’Ordine, Ing. Marcucci.

Contento di questo, me ne tornai a casa e quando la settimana successiva tornò a farmi visita Alessio e il suo amico neo imprenditore, ci mettemmo subito d’accordo sul prezzo (evidentemente le cinquecento mila lire erano molto meno di quanto gli avevano chiesto i colleghi professionisti anziani) e mi diede un abbozzo di disegno del capannone che intendeva costruire e le informazioni necessarie per poter avviare i calcoli strutturali.

Da lì iniziò l’avventura della prima progettazione! Libri e appunti dell’Università, cataloghi di fornitori, manuali del Geometra e dell’Ingegnere disseminati sul tavolo tra schemi e disegni vari, per consultazioni e studio.

Dalle fondazioni alle colonne il lavoro andò abbastanza spedito, vista la seppur minima esperienza del collega. Ma al momento della determinazione delle sezioni dei profilati delle capriate di copertura arrivarono i guai. La sua esperienza era nulla per quell’aspetto e ci dovemmo rimboccare le maniche ben più in su di quanto pensassi: libri e manuali sembrava non contemplassero nulla che potesse fare al caso nostro, seppur si trattasse di una ordinaria copertura industriale di dodici metri di luce. Ogni ipotesi si sezione non risultava idonea alla verifica: a volte insufficiente, spesso sovrabbondante. Dopo giorni e giorni di quel lavoro di studio-progettazione, i conti tornarono, la struttura era determinata e i numeri che prima giravano scoordinati nella mente si erano stabilizzati e posizionati in zone ben individuate di cui non ci sfuggivano le coordinate. Il minimo della sensibilità che un progettista strutturale deve acquisire per poter svolgere il proprio lavoro era raggiunto. Aste, briglie, montanti, diagonali, nodi, bulloni, erano diventati termini ed elementi costruttivi familiari.

Dopo che quel progetto venne alla luce con tanto di firma da parte del collega, ed aver avuto le mie duecentocinquanta mila lire, di esso non seppi più nulla, se non che era stato realizzato in una località vicino Assisi, e che era stato adibito a carpenteria metallica: il proprietario e quattro operai vi realizzavano capriate!

Qualche settimana successiva alla fine di quell’avventura iniziai a collaborare, ufficialmente come libero professionista, di fatto dipendente, con una delle più grandi Società di progettazione della città di Perugia, l’RPA (Ricerche e Progetti – Progettisti Associati). L’impegno era estremamente faticoso, otto ore di lavoro effettivo, a cui si aggiungevano due ore di viaggio e, con una pausa pranzo di altre due ore, facevano dodici ore al giorno.

Non avevo mai pensato di guardare “Il giornale dei concorsi” in cui venivano pubblicati bandi e concorsi vari perché non ne ravvisavo la necessità; ma un’amica di mia sorella, ignara di questo mio disinteresse, mi informò di un concorso per ingegneri al Ministero dell’Interno, con viva preghiera di partecipazione perché, a suo dire, si trattava di un ottimo posto di lavoro. Comperai quel “Giornale dei concorsi”, e vidi il bando per ventisette ingegneri per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco. L’idea dei Vigili del fuoco non mi dispiacque, non perché li conoscessi: fino ad allora sapevo soltanto della loro esistenza, e della connessa e scontata funzione di estinzione gli incendi, nonché di un’indefinita competenza sulla stabilità degli edifici, visto che un giorno, al quinto anno di ingegneria ce ne parlò il Professor Croci di “Principi di progettazione strutturale”. Mi ricordo bene che durante una lezione di dissesti statici, ci disse. “Mi chiamarono per una consulenza tecnica urgente presso il condominio di Palazzo dell’Oca a Roma perché avevano notato degli strani distacchi di intonaco accompagnati da scricchiolii, lungo il marciapiedi su cui si affacciava quel palazzo. Recatomi sul posto constatai che si trattava di una situazione molto critica, perché si stavano formando lesioni di tipo verticale al piano terra, le più pericolose nel panorama dei dissesti strutturali. Bisognava far evacuare l’edificio ma non ne avevo l’autorità. Allora furono chiamati i Vigili del fuoco che concordarono con me sulla estrema pericolosità della situazione e fecero evacuare tutto il palazzo in pochi minuti”.

Il programma su cui verteva il concorso era estremamente vasto, come per tutti i concorsi pubblici per la verità; una quantità ingiustificata di competenze per qualsivoglia posto venga messo a concorso. Ricordo che guardando le materie oggetto di prova vi erano: scienza delle costruzioni, meccanica, idraulica, elettrotecnica; oltre alle materie specifiche professionali. Sarebbe stato necessario studiare di buona lena, ma l’impegno lavorativo era completamente assorbente: oltre all’ambito dei trasporti umbri, che implicavano anche trasferte varie, mi dovevo occupare di progettazione di strutture complesse, usuali in quello Studio professionale. La volontà di studiare c’era comunque e feci molti tentativi la sera, dopo il ritorno a casa, ma andarono sempre falliti: non riuscivo proprio a tenermi sveglio. Il sabato e la domenica, sacri per la famiglia, la fidanzata e i lavori di casa da portare avanti come fatto per tutto il periodo degli studi, poco riuscivo ad utilizzarli per quello studio. Così arrivarono i giorni delle prove: Roma Palazzo dei Concorsi in via Girolamo Induno, a Trastevere. Palazzo a fianco del quale tante e tante volte ero passato durante il triennio con il “27”, l’autobus della linea urbana, Stazione Termini – Monteverde nuovo, perché il mio tragitto per frequentare le lezioni era Gualdo Cattaneo – Foligno (con la macchina), Foligno – Roma (con il treno), Stazione Termini – Monteverde Nuovo, casa della zia materna, (con l’autobus “27”), e da lì San Pietro in Vincoli, ancora con il “27”.

La prima prova, obbligatoria per tutti, fu la progettazione di una piccola struttura. Mi ritrovai in uno spazio immenso interrotto da tanti pilastri disseminati ovunque, più simile ad un grande fondo che ad un’aula o una sala riunioni, gremito di ragazzi come me, evidentemente colleghi ingegneri. Quanti fossimo non so proprio dirlo: più di trecento, sentii dire successivamente durante il corso di ingresso. Non conoscevo nessuno ad eccezione di un membro della Commissione, il prof. Arnaldo Castagna, un personaggio ben noto a tutti gli ingegneri laureatisi a Roma, sia industriali che civili, perché titolare della cattedra di “Meccanica applicata alle Macchine e Macchine”; la cosiddetta “Macchinette”, comune a tutti nel triennio. Non ho mai saputo se fosse il presidente o meno, ma certamente era come se lo fosse, visto il rispetto reverenziale con cui gli altri gli si rivolgevano.

Il tema che ci fu assegnato riguardava la progettazione di una copertura di un fabbricato industriale di larghezza pari a dieci metri! La struttura poteva essere di qualsiasi tipologia: cemento armato, acciaio, legno! Tempo otto ore. Non svelerò quale tipo di materiale abbia utilizzato per quella copertura, ma la progettazione filò via liscia, ogni profilato ipotizzato risultava verificato! Si trattò di una normale giornata di lavoro a cui ero ben abituato.

Il giorno successivo tema a scelta: meccanica, oppure elettrotecnica, oppure idraulica. Il primo mi suonò molto famigliare, si trattava di illustrare le differenze tra il “Ciclo Otto reale” e il “Ciclo Otto ideale” di un motore a scoppio, il ciclo termodinamico che prende il nome dall’ingegnere tedesco, August Otto, secondo il quale funzionano i motori a benzina, tema a cui il Prof Castagna aveva dedicato una delle sue lezioni. I ricordi tornarono alla mente abbastanza presto, in particolare l’immagine del diagramma del ciclo Otto reale, definita dallo stesso Prof simile a una patata. Il tempo fu eccessivo, nel giro di cinque ore relazionai tutto quanto sapevo, o meglio ricordavo di quell’argomento, e con tre ore di anticipo consegnai e lasciai definitivamente quel poco ospitale ambiente.

I risultati degli scritti, giunti dopo alcuni mesi, ora non saprei proprio precisare quanto esattamente, furono ampiamente positivi e si ripresentò per gli orali lo stesso problema in merito alla preparazione, ma immutate, se non peggiorate, anche le possibilità di studio, visto l’avvicinarsi della data del matrimonio. Tra la convocazione al Viminale e la presentazione riuscii ad aprire soltanto poche volte il DPR 547/55 il famoso Decreto del Presidente della Repubblica sulla sicurezza del lavoro, riportato in un libricino rosso edito dall’ENPI, se non ricordo male.  Arrivato al Ministero fui indirizzato in una sala di attesa contigua ad un ampio ufficio, poi identificato come l’“Ufficio dell’Ispettore generale capo”.

L’imponenza di quegli ambienti, di quei corridoi grandissimi e di quei soffitti altissimi, dell’arredamento signorile, mi intimorirono, ma non fino a non farmi trovare un po’ di coraggio, forse di temerarietà, per chiedere, unico tra i colleghi lì presenti, di assistere alle prove dei candidati che mi precedevano. Volevo almeno vedere di cosa si trattasse per poter organizzare le idee, per farmi tornare in mente qualcosa. La richiesta fece scandalo! La signora, evidentemente della segreteria, a cui chiesi, sgranò gli occhi e mi disse: “penso proprio di no! Comunque chiedo”. E partì. Dopo un bel po’ ritornò dicendomi: “può assistere, hanno detto, ma non deve disturbare! Venga”.  Mi accompagnò nel grande Ufficio indicandomi l’angolo in cui dovevo stare e uscì. Da quella posizione ben defilata si poteva comunque ascoltare abbastanza bene, ma in quanto al non disturbare iniziarono i guai, non perché volessi parlare o interloquire senza averne titolo, non l’ho mai fatto in vita mia, né prima di quell’occasione né dopo, ma perché il parquet che avevo sotto i piedi scricchiolava fortemente ad ogni cambiamento di posizione. Fu dura cercare di restare il più a lungo possibile immobile e passare il peso del corpo da una gamba all’altra lentamente tanto da far sì che gli scricchiolii non disturbassero nessuno, così come di fatto avvenne. Fu piacevole scoprire che tra i tanti membri della commissione con cui bisognava sostenere un dialogo, si dice sempre così ma in effetti si tratta di sostenere una parte dell’esame, con domande a cui dare appropriate risposte, il professor Castagna era il primo con cui cimentarsi, ma più che mai fu rassicurante, scoprire che poneva quesiti su complicati diagrammi di forze. Erano il suo pallino fisso. Nelle sue lezioni, e soprattutto agli esami non mancavano mai. Li conoscevo bene, mi avevano sempre appassionato e quando fu il mio turno risultai veramente brillante nel risolvere il problema che mi sottopose tanto che quella luce illuminò gli altri “colloqui” fino al punto da farmi ritenere idoneo anche all’ultima prova, quella di idraulica!

Questo racconto ha suscitato sempre le più svariate interpretazioni: “è la Provvidenza!” mi ha detto qualcuno; “è il Destino!” mi ha detto qualcun altro; “è la Fortuna!” qualcun altro ancora.

Io mi sono interrogato più, e più volte su questa mia vicenda che ha determinato la mia vita lavorativa e personale in maniera assoluta e assolutamente positiva: che si tratti di provvidenza, di destino, di favorevoli congiunzioni astrali, o di fortuna, non so, e non mi sento di dare risposte se non questa: “doveva andare così!”.