Come sempre durante il pranzo conviviale di Santa Barbara i racconti del passato la fanno da padrone e, tra una portata e l’altra, tra i “vecchi” pompieri le risate si sprecano, i volti sono allegri e di volta in volta si illuminano di una luce particolare nel ricordare il loro vissuto. La memoria riporta alla luce spicchi di vita che evidenziano come la comunità si stringeva intorno ai loro membri e da questi uscivano le cose più buffe.
Tra i racconti di quest’anno, come per incanto, è uscito fuori il “Processo al Billo”.
L’anno in cui questo fatto è avvenuto non è certo, si dovrebbe essere tra il 1968 e 1969, di sicuro era comandante a Perugia l’ingegner De Paola.
L’ingegner De Paola era solito affidare il figlio Sandrino alla custodia dei vigili in servizio, e siccome questo bambino era un tipo a dir poco pittoresco, era diventato famoso perché soggetto preferito di scherzi da parte del personale.
Quell’anno, oltre al figlio, il comandante affidò loro anche un tacchino, il regalo di Natale ricevuto in largo anticipo. Ovviamente, fino alla vigilia della festività doveva essere alimentato e il personale di turno chiedeva costantemente all’avaro Comandante cibo idoneo per il pennuto; per tutta risposta si sentivano sempre rispondere la stessa frase: “e dategli da bere…”.
Arrivato il momento di cucinarlo il comandante diede ordine di ucciderlo e di consegnarlo alla cuoca di casa.
Di fronte a questa richiesta il personale, dopo breve indagine, scoprì che nessuno sapeva come si mattava un tacchino, ed è in questo momento che la verve del Vig Tarpani ha il sopravento, ed egli lancia l’idea di processare il Billo. La goliardia non è mai mancata e un tacchino si presta bene ai giochi di chi, in attesa di essere chiamato a fare il suo dovere, deve far scorrere il tempo al di fuori delle attività di routine.
Il tribunale si riunisce nello scantinato della caserma di Corso Cavour ed è così composto: il Vig. Tarpani Renato presidente del tribunale, Vig Diarena Gianfranco, Vig Sciurpa, Vig Manassei e gli altri del turno, componenti della giuria.
Il processo fu breve dopo una veloce presentazione dell’accusa da parte del presidente che imputò come colpa grave le continue richieste di cibo da parte del pennuto. Visto che il difensore nominato dalla corte non fu in grado di scagionare il suo assistito, il processo terminò, ovviamente, con la sentenza di morte per il Billo tramite decapitazione.
Preparato il ceppo, la decapitazione sarebbe avvenuta con l’utilizzo di un’ascia, ma al fine di evitare traumi al condannato, questo sarebbe stato bendato e tenuto fermo. Il compito del boia fu assegnato al Vig Manassei.
L’esecuzione fu rapida e indolore, l’ascia si abbatté sul povero Billo in un battere di ciglia e ne risultò un taglio netto e completo. Ma gli aiutanti del boia si distrassero e il Billo iniziò a correre per tutto lo scantinato spargendo getti di sangue che macchiarono tutto il soffitto fino a che non si schiantò sul pavimento al termine delle sue ultime energie.
Il finale fu che il Comandante mangiò il tacchino arrosto, mentre il personale dovette imbiancare lo scantinato per coprire tutte le macchie di sangue sul muro e sul soffitto, per evitare sanzioni punitive da parte del Comandante stesso.
LUCIO NAPOLI Ispettore Antincendi Esperto in congedo – Comando VVF Perugia